Lanciano - Secondo itinerario
Lanciano - Secondo itinerario: il quartiere di Lancianovecchia.
Partendo da piazza Plebiscito, con la Basilica alle spalle, percorrete la salita di Via dei Frentani, situata a destra appena oltre il porticato del Municipio dove, dopo pochi metri incontrerete la prima tappa del nostro itinerario. Il teatro Fenaroli
Teatro Fenaroli
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Il Teatro Comunale, intitolato al musicista lancianese Fedele Fenaroli, vissuto nel XVIII secolo, venne progettato nel 1834 dall’ingegner Taddeo Salvini di Orsogna e all’architetto Carlo Ponza di Napoli e fu costruito all’imbocco della via dei Frentani sul sito della chiesa di San Giuseppe Calasanzio che era annessa al Collegio dei Padri Scolopi.
In ossequio alla dinastia dei Borbone venne intitolato alla defunta regina Maria Cristina di Borbone successivamente chiamato “San Francesco” in omaggio al principe ereditario figlio del re Ferdinando II.
Della decorazione degli interni venne incaricato l’allora scenografo del Teatro San Carlo di Napoli, Leopoldo Galluzzi.
L’inaugurazione ufficiale avvenne molti anni dopo, nel 1847, in occasione della visita a Lanciano di Ferdinando II di Borbone, della Regina e del rispettivo seguito con sestuplicata illuminazione a cera, come raccontano le cronache, ma vi si tenevano spettacoli già dal 1841, con opere di Bellini e Donizetti.
Dopo il 1861, il teatro fu intitolato alla memoria del musicista lancianese Fedele Fenaroli, uno dei maggiori esponenti della grande Scuola Napoletana della fine del ‘700 e docente presso il Conservatorio di San Pietro a Maiella di Napoli.
Nel 1869, venne ampliato e rinforzato nella parte posteriore dall’ingegner Filippo Sargiacomo mentre nel 1884 si mise mano al prospetto. Le colonne vennero rinforzate con lastroni di pietra vesuviana, essendo stato abbassato il livello stradale, e i tre ingressi furono chiusi con porte in ferro.
L’interno venne rinnovato nel 1897 e ancora nel 1938, quando venne soprelevato e adattato a cinematografo . Negli anni ’90 il teatro è stato completamene restauro con un intervento che ha ripristinato la cupola e l’ultimo ordine di palchi.
Proseguendo la salita, dopo alcune decine di metri, sulla sinistra, si erge il Palazzo del Capitano.
Palazzo del Capitano
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Originariamente la facciata principale di questo palazzo, appartenuto ai Bocache e passato successivamente ai Murri e da questi ai de’ Giorgio, era quello, in stile neoclassico, che si affaccia lungo la via degli Agorai, dalla parte opposta a quella che oggi vediamo.
Con la demolizione della chiesa di S. Martino, nel 1848, e la creazione del Largo Tappia quello che era inizialmente l’assai modesto prospetto sul retro si trovò ad affacciarsi proprio sulla nuova piazza.
Un primo intervento di sistemazione è evidente soprattutto nel portale, affiancato da due paraste e sul quale ancora si leggono le iniziali dei Murri, e nelle cornici di finestre e balconi dei primi due piani.
La facciata che oggi vediamo risale al 1923 quando il Capitano Alfonso Cotellessa al quale il palazzo deve il nome, marito di una vedova de’ Giorgio, progettò e fece realizzare la sopraelevazione dell’edificio e rimodernare il prospetto in stile eclettico con elementi di gusto floreale.
Le decorazioni, nelle sale interne, sono assai interessanti e vanno dal XVII al XX secolo.
Degni di nota sono il salone degli specchi, che conserva ancora integri arredi e tendaggi di gusto Rocailles, e la sala di “Amore e Psiche” le cui pareti sono decorate con papiers peints che raffigurano episodi del mito greco, e la cui volta venne dipinta dal pittore lancianese Vincenzo Gagliardi agli inizi del ‘900.
Proseguendo lungo la salita, dopo alcuni metri, sulla sinistra, si erge la bellissima chiesa di S. Agostino.
Sant’Agostino
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La chiesa di Sant’Agostino, oggi chiesa parrocchiale del quartiere di Lancianovecchio, apparteneva al più vasto complesso del Monastero degli Agostiniani costruito alla fine del XIII secolo.
La facciata della chiesa mostra, in maniera evidente, collegamenti col portale della Chiesa di Santa Maria Maggiore, che permettono di riconoscere la mano dello scultore Francesco Petrini.
L’armonioso portale è incorniciato da colonnine tortili, da fregi floreali e punte di diamante di raffinata esecuzione.
Nella lunetta, nella quale un restauro condotto agli inizi degli anni ’90 ha evidenziato tracce dell’originaria policromia, troviamo una figura Madonna con Bambino.
Le figure zoomorfe che compaiono tra gli elementi decorativi possiedono tutte valori simbolici. Il leone che sottomette il capro rappresenta il Trionfo del Bene sul Male, l’Agnello crucifero è immagine di Cristo che si offre come Agnello.
Sotto il prezioso archivolto sorretto da colonnine pensili si apre il rosone di cui, perduta la raggiera, resta l’ultima corona decorativa a foglie di acanto.
Sul coronamento sono ancora chiare le tracce delle sedi in cui erano inseriti elementi rotondi in maiolica, che formavano un motivo a croci.
All’interno, dove alcuni lavori hanno permesso la scoperta di avanzi della precedente struttura del tardo Duecento, troviamo un complesso ciclo di stucchi eseguiti intorno al 1730 dagli scultori Gerolamo Rizza e Carlo Piazzoli.
Sul lato destro della navata si apre la cappella dei Santi Simone e Giuda Taddeo le cui reliquie furono trafugate nel 1439 da un sacerdote lancianese dall’omonima chiesa veneziana. Dopo il furto, la Serenissima organizzò una spedizione militare contro la città di Lanciano per recuperare le reliquie ma i Veneziani, invece di sbarcare nel porto di San Vito devastarono per un errore di navigazione, secondo quanto tramandato dalla tradizione, San Vito dei Normanni. Considerata la fama di navigatori degli abitanti della laguna l’evento fu ritenuto prodigioso ed espressione della volontà delle reliquie di restare dov’erano.
Sulla parete di fondo si trova invece un monumentale dossale dell’ultimo quarto del ’500 nel cui scomparto centrale sono raffigurati Sant’Agostino tra San Michele Arcangelo e Sant’Apollonia.
La Chiesa è sede della Confraternita dei Santi Simone e Giuda Taddeo la più antica confraternita cittadina.
Proseguendo, dopo pochi metri sempre a sinistra si incontra la chiesetta di S. Croce, dove è custodito il secondo Miracolo di Lanciano, la cui storia vede protagonista una donna di nome Ricciarella.
Ricciarella
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La piccola cappella dal bel portale in pietra di sobrie linee classiche, annessa al grande palazzo che appartenne alla famiglia dei Baroni Fiore Gigliani, venne eretta nel 1583, a memoria del secondo miracolo eucaristico di Lanciano.
Tramanda la tradizione che nella seconda metà del ‘200 ci fosse in questo sito la casa di una ragazza di nome Ricciarella, sposata col carrettiere Jacopo Stazio, la quale, consigliata da una donna più anziana, non esitò a porre un’ostia consacrata su una tegola arroventata per riconquistare l’amore del marito.
Al momento della profanazione la particola, mutatasi in carne, cominciò a sanguinare e Ricciarella, inorridita, avvolse coppo e particola in uno strofinaccio occultandolo sotto lo strame della sottostante stalla.
Il racconto prosegue narrando che, la sera, quando Jacopo cercò di far rientrare l’asino nella stalla l’animale, dopo molte insistenze vi si introdusse in ginocchio.
Dopo sette anni dai fatti, nel 1280 Ricciarella, sconvolta, confessò il suo delitto ad un frate dell’attiguo monastero di Sant’Agostino, il quale scavando nel luogo indicato dalla donna recuperò l’involto e al suo interno la particola ancora sanguinante.
Il frate condusse le reliquie nel suo paese, Offida, nelle Marche, e da allora iniziò la venerazione delle tre Santissime Reliquie.
Il dipinto sull’altare maggiore mostra Sant’Agostino, al centro, che sorregge il reliquiario cruciforme del Miracolo Eucaristico mentre ai suoi lati stanno due figure di Santi con le reliquie del coppo e dello strofinaccio.
Nel 2003 due frammenti,uno del coppo nel quale venne posta l’ostia e uno dello strofinaccio in cui venne avvolta, sono stati donati dall’Arcivescovo Emerito di Ascoli Piceno alla parrocchia di Sant’Agostino e sono conservati nell’artistico reliquiario sull’altare del piccolo oratorio.
Proseguendo pochi metri più avanti si incontra un bellissimo esempio di casa medievale del XV secolo con botteghe.
Botteghe medievali
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Presso la Piazza dei Frentani, dove sorgeva la chiesa di San Maurizio, abbattuta nel XIX secolo, si trova uno dei più interessanti edifici civili della Città.
Le “Botteghe di Nicolao” devono il loro nome al mercante Nicolaus Rubeus, il quale, utilizzando elementi architettonici di gusto squisitamente gotico borgognone, le fece costruire nel 1434, come riportato dall’iscrizione murata tra i due archi centrali che, coi loro banchi in pietra fungevano da vetrina, mentre il portale architravato era, con ogni probabilità, l’ingresso della soprastante abitazione e l’ultima arcata permetteva l’ingresso nella bottega vera e propria.
Le lineari finestre a bifora architravate, al piano superiore, sono, invece, il risultato di un restauro condotto negli anni Trenta del ’900 che ha rimosso i bei finestroni in pietra rinascimentali.
La casa passò, per matrimonio, dalla famiglia de’ Rubeis ai de Arcangelis.
Giovan Tommaso de Arcangelis fu ritenuto uno dei più ricchi gentiluomini d’Abruzzo nel secolo XVII. Fu ecclesiastico con molti incarichi, tra i quali quelli di Protonotario apostolico, Vicario ed Amministratore dell’Abbazia di San Giovanni in Venere. Morì durante la peste del 1656, in età avanzata, lasciando immense ricchezze.
A destra di Piazza dei Frentani si scorge l’antica chiesa di San Biagio.
San Biagio
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La chiesa di S. Biagio é la più antica di Lanciano essendo citata in un documento del 1059. La sera del 3 febbraio la Chiesa viene aperta ai fedeli e vi si svolge la tradizionale benedizione della gola. Una leggenda ritiene che, avviandosi il Santo Vescovo al supplizio, avrebbe salvato dal soffocamento, posandogli una mano sulla gola, un bambino cui era rimasta di traverso una lisca di pesce.
L’interno, ripristinato alla metà del’900, è costituito da una semplice aula coperta a capriate, ma conserva, dell’antico apparato decorativo una rarissima lunetta in stucco di epoca rinascimentale raffigurante l’Annunciazione.
La chiesa è dotata di una cripta che era probabilmente la chiesa primitiva. Il campanile fu edificato fra il 1345 e il 1400. E’ una solida torre in muratura con una bifora a sesto acuto nel secondo ordine, che si eleva sopra la chiesa, e un’elegante finestra, pure a bifora, nella parte più bassa. Alla sua basa era ospitata in origine la piccola cappella di San Giorgio.
La chiesa fu Parrocchia fino al 1827 e rimase aperta al culto fino al 1860 anno in cui venne ridotta ad usi profani e servì come sala per le prove della Banda di Lanciano. Tornò ad essere riaperta al culto nel secondo dopoguerra diventando sede della Confraternita di Maria Santissima dei Raccomandati, che vi si trasferì dalla distrutta chiesa di San Giovanni.
All’interno della chiesa si possono ammirare tre statue lignee la più antica delle quali è quella di S. Biagio, risalente al XIV secolo. Vi sono poi la settecentesca statua di S. Isidoro Agricola della bottega dello scultore lancianese Domenico Renzetti, e la Madonna della Candelora capolavoro di scultura barocca napoletana che si deve alla mano dello scultore Giacomo Colombo.
Scendendo lungo la discesa a sinistra della chiesa di San Biagio dopo poche decine di metri si incontra la porta di San Biagio.
Porta san Biagio
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La Porta San Biagio è l’unica superstite delle nove porte che si aprivano nelle mura di difesa per permettere l'accesso alla C
La porta, che prende il nome dalla vicina chiesa intitolata allo stesso Santo, protettore della potente corporazione dei cardatori, è costituita da un semplice arco a sesto acuto che permette di datarla al XIII secolo, L’arco è realizzato in pietra arenaria, un materiale di largo impiego a Lanciano essendo disponibile in loco.
Il progressivo abbassamento del piano stradale ne ha modificato fortemente le proporzioni lasciando scoperti gli elementi di fondazione. Dalla Porta di San Biagio orientandosi rapidamente col campanile dell’omonima chiesa, sì penetrava nel cuore del quartiere di Lancianovecchio oppure si poteva raggiungere rapidamente la Piazza del Plebiscito percorrendo la via dei Bastioni.
Via dei bastioni
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La strada detta dei Bastioni si snoda lungo il lato est del quartiere di Lancianovecchio, e costituisce un suggestivo itinerario di visita alla scoperta delle antiche fortificazioni della città di Lanciano.
I bastioni di Lancianovecchio sfruttavano l’accentuata pendenza del terreno per rendere sicura la città senza l’ausilio di vere e proprie mura. Secondo la tradizione, intorno all’anno Mille, il normanno Ugone di Malmozzetto, per ordine del Re, obbligò la città di Lanciano di rinforzare il «fortilitium balistrarum in porta contro mare», identificato con l’area intorno a Porta San Biagio e di unificare con mura i diversi nuclei della Città.
Percorrendo la via dei Bastioni si notano, alcune strutture a scavalco della via, aggettanti sulla valle e ancora visibili, che rafforzavano la sicurezza del sistema di difesa nei punti di accesso dall’esterno, nelle adiacenze della scomparsa Porta di Pozzo Bagnaro che si apriva nel punto in cui una strada risale dal sottostante vallone.
Queste strutture, risalenti con ogni probabilità all’epoca aragonese, sono probabilmente coeve a quelle che si ritrovano nell’altro versante fortificato della città, quello che dalla chiesa di San Nicola giunge alle Torri Montanare a difesa dei quartieri della Sacca e di Civitanova.
Lungo il percorso a sinistra è possibile ammirare nella sua maestosità, la Basilica dedicata alla Madonna e costruita interamente sul ponte.
(Testi di Domenico Maria Del Bello)
Vai al primo itinerario: il quartiere Borgo ed il centro città
Prosegui al terzo itinerario: i quartieri di Civitanova e Sacca.